[Filosofia] Agostino

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Maddy™
view post Posted on 14/7/2009, 15:14




Agostino vive tra due epoche, nella fase in cui il mondo antico decade e si pongono le basi di un nuovo mondo. Egli nasce a Tageste, proviene da un ceto sociale relativamente modesto: il padre è un piccolo proprietario terriero, mentre la madre Monica avrà un ruolo fondamentale nella sua vita. Nella prima giovinezza Agostino dimentica gli insegnamenti religiosi, e si dedicherà allo studio della retorica, della grammatica e dei classici. Nell’anno in cui si reca a Milano, dove ha ottenuto una cattedra di retorica, ha inizio in lui una crisi spirituale. Per influenza della madre, che nel frattempo lo ha raggiunto, si avvicina al Cristianesimo. Riceverà il battesimo, e comincerà a scrivere le sue prime opere. Diviene sacerdote, poi vescovo e svolgerà un’intensa attività pastorale.
Della sua ricchissima attività di scrittore sono da ricordare le Confessiones e il De civitate Dei.

Agostino, in quanto Cristiano, si pone come suo primo obbiettivo quello di costruire un nuovo orizzonte di civiltà. Agostino possiede una viva consapevolezza della crisi del mondo antico, caratterizzata soprattutto da un sapere basato sull’erudizione. Seppure egli possiede una formazione retorica, prima prende distanza da questo modello di erudizione e poi ne denuncia l’orientamento estetico. “Non le parole” affermava ma il vero sapere. L’erudizione è frutto della curiosità, che generò il peccato originale. Egli critica la cultura pagana, e le contrappone i valori della santità e della salvezza dell’anima che gli uomini devono seguire. Da essa però se ne possono utilizzare i materiali per costruire le basi di una nuova cultura. La sua critica sulla cultura antica investe, infatti, solo le concezioni che non hanno dato spazio al divino. Positivo è infatti il giudizio sul Platonismo e Neoplatonismo. Egli considera addirittura perfetto il pensiero metafisico di Platone. E Agostino dichiara apertamente il debito di riconoscenza nei confronti di Platone e Plotino. Diverse componenti del Platonismo ricorrono spesso alla filosofia agostiniana, come l’appello socratico – platonico dell’interiorità, il tema della centralità dell’anima, e la tesi sul mondo delle Idee. Quello di Agostino è però un platonismo cristiano, che introduce delle novità:
1) la terza navigazione: Platone usando un’immagine marinaresca aveva parlato di prima navigazione (che usa le vele) con riferimento al modo in cui i naturalisti spiegavano la realtà, di seconda navigazione (che usa i remi) che lo aveva spinto ad individuare il mondo sensibile e soprasensibile, quello delle Idee. Ma secondo Agostino ne questo approccio, ne tantomeno il primo erano sufficienti. Per Agostino non bastava comprendere razionalmente, ma solo attraverso la rivelazione, che ci indica la terza navigazione, si può attraversare il mare della vita;
2) Dio è Amore: per Platone eros non è un dio, ma un demone intermediatore tra le divinità e l’uomo, per Agostino, invece, Dio è carità, nella sua essenza è amore. Dunque l’eros platonico implica una mancanza, il Dio cristiano è pienezza.
Plotino è invece lodato poiché parla di un principio divino immutabile, incorporeo, spirituale, autore di ogni cosa. Proprio alla filosofia plotiniana Agostino deve l’intuizione che il male è carenza di essere. Ma il Dio cristiano crea un mondo per volontà totalmente altro da sé, l’Uno di Plotino attua un processo di emanazione.

Nell’opera di Agostino ragione e fede, e così filosofia e teologia, sono aspetti inscindibili. “Credi per comprendere” e “Comprendi per credere”. Per comprendere bisogna partire dalla fede . Essa è un dono di Dio, e che nell’uomo va al di là delle sue capacità razionali, che implica dunque un atto di fiducia, ma che presuppone un continuo esercizio della ragione. La fede, dunque, illumina e guida, ma è l’intelligenza che giunge alle conclusioni. La fede cerca, e l’intelletto trova.
Tutta la ricerca agostiniana si svolge tra Dio e l’anima. Dio è il fine, l’anima il mezzo per giungervi. La filosofia è dunque dialogo interiore e l’uomo si configura come colui che cerca e si interroga. Il dialogo, nel quale Dio è presente ed assente allo stesso tempo, è una ricerca che non ha mai fine, poiché ogni “trovare” non pone fine alla ricerca.
Agostino non volge alcuna attenzione al mondo materiale. Non c’è per lui una via che dalla natura conduce a Dio. La via è l’uomo e nell’uomo l’anima e nell’anima la ragione, poiché sulla terra non vi è nulla di più elevato. L’unica via è perciò quella dell’interiorità. La verità possiamo vederla perché è Dio stesso ad illuminarci. La verità abita nell’anima, ma la fonte di questa è al di là dell’anima ed è Dio.
Per iniziare il suo viaggio verso Dio, e dunque verso la verità, Agostino sottopone a critica lo Scetticismo, che negava fosse possibile conoscere la verità. In primo luogo Agostino obietta agli Scettici che è contraddittorio affermare di essere sapienti e sostenere di non saper nulla. Inoltre anche quando dubitiamo di tutto, di una cosa non possiamo assolutamente dubitare, del fatto che chi dubita, chi crede di ingannarsi, comunque esiste, e non può certo ingannarsi nel sapere di esistere. Anche perché se non si esistesse sarebbe impossibile ingannarsi. Se dunque sbaglio sono, se mi inganno esisto. Contro gli scettici egli attribuisce un ruolo importante anche alla matematica, delle cui verità nessuno può dubitare. Ma al di sopra di ogni cosa che non può essere dubitata è la verità, che in quanto tale non può essere soggetto a critica, ed essa esiste ben prima di essere scoperta.
La verità, anche se è accessibile all’uomo attraverso la ragione, non ha nella ragione umana la sua fonte. Essa la trascende. E la ragione stessa va trascesa per cogliere la radice della verità, poiché essa è in Dio. Alla verità giungerà solo chi la cerca in se stesso, non fuori di sé. L’uomo interiore è distinto dall’uomo esteriore, ed entrambi convivono in ogni essere umano. Il secondo è caratterizzato da tutto quello che l’uomo ha in comune con gli animali, il primo da ciò che è propriamente umano cui è propria l’attività del pensiero che può contemplare le verità eterne. Ecco la ragione dell’invito agostiniano a “non uscir fuori” di sé.
Su questo modello Agostino privilegia la sapienza rispetto alla scienza. La sapienza, infatti, è la contemplazione delle verità eter-ne, mentre la scienza si limita alla conoscenza delle cose temporali. Il benessere dell’anima si trova solo nella conoscenza della Verità, non delle verità parziali e particolari delle scienze.
Dunque la strada dell’interiorità è l’unico percorso che conduce alla verità. Come la visione sensibile è possibile grazie alla luce corporea, così, la visione del pensiero è visibile grazie alla luce intellettuale (illuminazione divina). L’uomo sembra in grado di percorrere autonomamente la via dell’interiorità, trascendendo se stesso. Ma l’illuminazione mette in evidenza che l’uomo non ha un’autonomia piena nell’attività conoscitiva, e che l’intelletto umano dipende da Dio. Dunque le difficoltà sorgono quando si cerca di definire cosa nell’atto conoscitivo è proprio dell’uomo. Agostino sembra sottolineare che l’intervento divino agisce qualora l’attività del pensiero riguarda verità propriamente intellegibili. Dunque noi vedremmo in Dio le Idee e questo ci permetterebbe di concepire in noi stessi delle verità.
Dalla dottrina dell’illuminazione possiamo comprendere la concezione pedagogica di Agostino. Secondo egli, anche quando apprendiamo qualcosa da qualcuno, non è questi il maestro, e dunque colui che ci insegna, ma Dio stesso attraverso il maestro. Il maestro comunica soltanto parole: chi comunica verità è unicamente Dio. La parola è un segno che ha valore soltanto in quanto significa, cioè indica qualcosa. Ma, indicandola, non ce la fa conoscere, perché la parola non è la cosa. Ne deriva che per apprendere non bastano le parole, ma occorre una diretta esperienza delle cose. L’apprendimento vero è proprio è compito nostro. Nell’età moderna si dirà che la vera educazione è un’autoeducazione. Naturalmente, al di là dell’apprendimento delle cose di questo mondo vi è quello relativo alle verità eterne, la cui ricerca può essere solo quella interiore.
Dio è presente nel cuore umano. Egli chiede di farsi conoscere, ma vi sono uomini dal cuore corrotto che negano la sua esistenza. Solo la grazia divina può curare questa loro cecità, non una prova razionale della sua esistenza. Tuttavia Agostino enuncia comunque una dimostrazione di Dio. Egli afferma che tra le nostre conoscenze vi sono delle verità di tipo razionali, che hanno i caratteri della necessità, immutabilità e eternità. Ad esempio 2+2=4, la somma di questi due numeri sarà sempre 4. Queste verità traggono i caratteri della necessità, immutabilità ed eternità non dai corpi sensibili, che sono caratterizzati da instabilità, e neppure dalla ragione, poiché le verità intellegibili sono indipendenti dall’uomo, ovvero non sono create dall’uomo stesso. Le verità sono dunque trascendenti rispetto ad esso, e tale trascendenza può essere spiegata solo con l’esistenza di un essere necessario, immutabile ed eterno: Dio.
Ogni teologia che pretenda di descrivere Dio corre il rischio dell’antropomorfismo, cioè dell’attribuzione a Dio di aspetti e caratte-ristiche dell’uomo. Di Dio possiamo dire più facilmente ciò che non è. Egli non è un corpo celeste o terrestre, non è spirito mutevole. Dunque il metodo migliore per conoscere Dio è l’ignoranza e quella agostiniana è più una teologia negativa che una teolo-gia affermativa. Agostino appoggia alcune concezioni platoniche riguardanti Dio, ma le strade divergono profondamente quando egli affronta il tema della Trinità, estraneo alla filosofia greca. In Plotino l’Intelletto e l’Anima sono di natura divina, ma sono inferiori all’Uno e non sono parte dell’Uno. Il Dio trinitario di Agostino è, invece, quella della formula del Concilio di Nicea: un’unica natura sussistente in tre persone distinte, Padre, Figlio e Spirito santo unite dall’Amore.
La creazione è produzione di un’opera buona da parte di un Dio buono, espressione del suo amore e della sua bontà. Dio trae il mondo dal nulla. In questo caso vi è una distensione netta da Plotino, per lui inaccettabile, perché equivarrebbe a dire che una parte di Dio possa essere mutevole e finita come il mondo. Le creature nascono dal nulla e possiedono quel tanto di essere dato da Dio per esistere. Esse, pertanto, sono strutturalmente limitate, prive della pienezza dell’essere e come tali soggette al tempo e al divenire. La creazione avviene fuori dal tempo, non ha senso dunque domandarsi che cosa facesse Dio prima della creazione, perché ciò significa attribuirgli una dimensione temporale, ma Dio è immutabilità ed eternità, mentre il tempo implica il divenire. Nell’Antico Testamento è scritto: “In principio Dio creò il cielo e la terra”. Il cielo è materia spirituale e sono gli angeli. La terra è una materia assolutamente informe ma capace di accogliere le forme e la materia assume forma grazie alle Idee. Le cose esistono dunque in due modi: in se stesse, come ciò che può nascere e perire; e in Dio, come Idee stabili e immutabili.
La creazione comporta la gerarchia delle creature, su cui si basano molte delle certezze di Agostino. La visione gerarchica deriva dalla tradizione platonica e plotiniana: in Platone il mondo delle Idee è superiore al mondo del divenire; in Plotino l’Uno è al sommo della gerarchia. Ma a questa concezione il Cristianesimo apporta una novità sostanziale: il mondo, creato da Dio, è bene e la materia stessa è bene. Tutte le creature, dalle più elevate a quelle inferiori, sono governate dall’onnipotenza di Dio e nessuna di esse è abbandonata al caso. La gerarchia può essere vista: dal punto di vista della mutabilità, gli esseri variano nello spazio e nel tempo, mentre solo Dio è immutabile; dal punto di vista delle funzioni che svolgono, e in questo senso gli esseri possono essere ordinati secondo tre gradi crescenti di dignità: essere, vivere, sapere. I corpi inanimati hanno l’essere, gli animali essere e vita, mentre le creature spirituali, in più, intelligenza e sapere; dal punto di vista della felicità, e le creature possono essere ordinate in una scala che va da Dio, che è beatitudine, alla materia, che è invece del tutto priva di questo stato. L’uomo è in una condizione intermedia: egli può essere beato o infelice, a seconda che si volga verso l’alto o verso il basso della gerarchia.
L’uomo è corpo e anima, ma pur non negando che il copro è bene, l’anima è la parte più importante. L’uomo infatti è definito come un’anima ragionevole che si serve di un corpo. Sia noi stessi che gli altri, dobbiamo amare l’anima più del corpo. Ma infini-tamente più dell’anima dobbiamo amare Dio, perché è Dio la causa della bellezza dell’anima. Solo l’anima può, conoscere e possedere Dio, solo nell’anima può essere trovata la via che conduce a Dio. Ma l’anima può anche condurre l’uomo lontano da Dio, nascondere Dio all’uomo e nello stesso tempo nascondere l’uomo da se stesso. Agostino sembra propendere per il traducianismo, cioè per l’idea che Dio abbia creato l’anima del primo uomo e che le anime di tutti gli altri uomini derivino da quella, in quanto tale tesi può meglio spiegare la trasmissione del peccato originale. La somiglianza dell’uomo con Dio risiede nell’immagine della Trinità che ritroviamo in noi stessi nella struttura trinitaria dell’anima, costituita da tre principi: l’essere, il conoscere, il volere.
Per definire il tempo Agostino afferma “se nessuno me lo chiede, io so cosa sia il tempo, ma se devo spiegare a chi me lo chiede, allora non lo so”. Sicuramente gli appartengono passato, presente e futuro. Ma il presente per diventare tempo deve tramontare nel passato e il passato non esiste più, così come il futuro non esiste ancora. Il tempo, quindi, esiste in quanto tende a non esistere. Il tempo misura il movimento ma non è movimento. Non siamo neppure in grado di misurare il tempo poiché il passato non esiste più e il futuro che non esiste ancora. Neppure del presente possiamo individuare la durata, poiché esso è l’istante fuggitivo. Eppu-re in qualche modo esistono. Il passato è ricordo nella memoria dell’uomo, il futuro è anticipazione e presentimento, il presente è, invece, attenzione a ciò che avviene. Dunque il tempo può essere definito il distendersi dell’anima come memoria del passato, attenzione al presente e attesa del futuro.
Per Agostino la felicità è nella sapienza, che è la conoscenza e il possesso di un bene che soddisfi pienamente il nostro desiderio di felicità. Si tratta di individuare che cosa l’uomo debba desiderare per essere felice e come possa fare per acquisirlo. Questo bene deve essere permanente, indipendente dal caso e dalla fortuna e solo Dio è permanente, quindi solo il desiderio di Dio conduce alla vita beata.
Agostino afferma che l’uomo è ciò che ama, che è il motore della volontà, la tendenza naturale verso un certo bene. Ed egli è chiamato a scegliere fra due amori: quello per le creature che lo spingono verso al disprezzo del Creatore e quello del Creatore che lo porta fino al disprezzo delle creature. Il sommo bene da amare è poi la carità, poiché Dio è tale.
Agostino si chiede spesso da dove proviene il male. Poiché ogni essere è bene in quanto creato da Dio, il male non è dunque essere, né può esserci un principio del male contrapposto al principio del bene e il male solo carenza di essere e quindi di bene. Il male, dal punto di vista metafisico, esiste solo come limite, come non – essere, per il fatto che le creature sono prive di quella pienezza dell’essere che appartiene solo al loro creatore. Lo stesso male fisico, cioè il dolore, rientra in un disegno provvidenziale di Dio e può quindi essere volto al bene. E’ invece il male morale il vero problema dell’uomo e l’unico tipo di male possibile. Esso è frutto della volontà dell’uomo da un distacco da Dio.
Nelle opere di Agostino viene continuamente ripetuto l’invito a non anteporre i beni al Bene. Il peccatore infatti pur sapendo di essere una parte del mondo, stabilisce le cose a sé e si considera come il fine. Il peccato è dunque allontanamento dalle cose divine, che sono veramente durevoli, per volgersi verso quelle mutevoli e incerte. E’ subordinazione della ragione alle passioni. Ma l’uomo è comunque dotato del libero arbitrio, ed in tal caso bisogna condannare coloro che ne abusano e non dire che Dio non
Avrebbe dovuto donarcelo. Il peccato dunque non è imputabile a Dio, ma a un cattivo uso del libero arbitrio. Se poi il peccato ha corrotto l’uomo, lo dobbiamo al primo uomo Adamo, di cui il peccato di disobbedienza è stato così grave da corrompere la natura umana e da trasmettere alle generazioni successive il peccato e la morte. La grazia è un dono gratuito di Dio all’uomo per permetterne la salvezza. Ma il perché Dio salva alcuni e altri li danna non trova risposta per Agostino.
Sulla questione della grazia e della libertà Agostino si impegna in una dura lotta contro la dottrina di Pelagio. Secondo costui, il peccato consiste solo nel cattivo uso del libero arbitrio e quello di Adamo è unicamente il suo peccato, che non può ricadere sui suoi discendenti. Anche dopo Adamo, infatti, l’uomo resta libero. Quindi con una vita ispirata al rigore morale e al sacrificio, l’uomo può giungere da solo alla beatitudine. Cristo non è il salvatore, ma il maestro, l’esempio da seguire. La grazie è per tutti se compiono azioni virtuose. Per Agostino le tesi pelagiane contrastano con un fatto evidente: non basta conoscere la legge morale per adempirla. Dopo il peccato originale, infatti, l’uomo anche quando vuole il bene non è in grado di compierlo.

SPOILER (click to view)
breve relazione da me redatta sull'argomento

 
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